La GhematriaI segreti della lingua ebraica sono numerosi e profondi, e di loro si occupa la Kabalah l’ermeneutica mistica ed esoterica della Torah. La Kabalah parte dal presupposto che le scritture ebraiche contengano una molteplicita' di livelli diversi di significati, oltre a quello letterale ed immediato, per decifrare i quali c’e' bisogno di determinate chiavi e tecniche. La lingua ebraica e' la base delle scritture che hanno originato ogni fede veramente monoteistica nel mondo, ed e' destinata ad acquisire importanza e notorieta' via via crescenti. Sia tra gli ebrei della diaspora che tra i gentili cresce di giorno in giorno il numero di coloro che studiano l’ebraico, ognuno secondo il suo livello, ognuno secondo la sua preparazione. L’ebraico e' dotato di una forza spirituale incredibilmente elevata, capace di operare un processo di raffinamento e di sviluppo della consapevolezza in coloro che lo studiano, sia ebrei o gentili. Tra i vari strumenti interpretativi del testo della Torah, la Bibbia ebraica, c'e' la Ghematria. Essa si basa sull'equivalenza tra le ventidue lettere dell’alfabeto ebraico e determinati numeri interi. Tale corrispondenza e' riassunta nella seguente tabella. |
||
Lettera |
Nome |
Valore numerico |
` |
Alef |
1 |
A |
Beit |
2 |
B |
Ghimel |
3 |
C |
Dalet |
4 |
D |
Hey |
5 |
E |
Vav |
6 |
F |
Zain |
7 |
G |
Cheit |
8 |
H |
Tet |
9 |
I |
Yud |
10 |
K |
Kaf |
20 |
L |
Lamed |
30 |
N |
Mem |
40 |
P |
Nun |
50 |
Q |
Samekh |
60 |
R |
Ain |
70 |
T |
Peh |
80 |
V |
Tzadde |
90 |
W |
Quf |
100 |
X |
Resh |
200 |
Y |
Shin |
300 |
Z |
Tav |
400 |
J |
Kaf finale |
500 |
M |
Mem finale |
600 |
O |
Nun finale |
700 |
S |
Peh finale |
800 |
U |
Tzadde finale |
900 |
Come si vede, le prime dieci lettere (dall'alef alla yud) equivalgono ai primi dieci numeri interi, le lettere dall’undicesima alla diciannovesima (dalla kaf alla quf) equivalgono ai numeri da 20 a 100, e le ultime tre lettere (resh, shin, tav) valgono rispettivamente 200, 300 e 400. Cinque delle lettere dell’alef-beit: kaf, mem, nun, peh, tzadde (chiamate Menantzepakh), quando compaiono alla fine di una parola vengono scritte in modo diverso, e vengono chiamate Sofiot= finali. Il valore numerico di queste lettere e' rispettivamente 500, 600, 700, 800 e 900. Pur avendo mostrato le finali nella tabella, si tenga presente che, nel computo del valore numerico di una parola, quando ci si trova di fronte ad una di loro, si conta di solito il suo valore normale, posseduto quando occupa un qualunque posto all’inizio o all’interno della parola. Nella sua forma piu' semplice, il calcolo della Ghematria di una determinata parola ebraica consiste nella somma di tutti i numeri-valori posseduti dalle sue lettere. Ad esempio, la parola echad = uno (alef-cheit-dalet) ha un valore di 1 + 8 + 4 = 13. In altre parole, la Ghematria di Echad e' tredici. Secondo la maggioranza dei Rabbini e dei maestri interpretatori della Torah, il numero 13 viene cosi' a possedere una qualita' che rispecchia in una certa misura i concetti contenuti nella parola uno. Un primo esempio della verita' di cio' si trova nel fatto che il numero totale delle tribu' d’Israele, che di solito viene ritenuto dodici, e' in realta' tredici, e che tale numero e' il simbolo migliore dell’unita' (uno) fondamentale che le sottende. Infatti, pur essendo i figli di Giacobbe dodici, Giuseppe, diventato il primogenito spirituale, merito' una parte doppia di eredita' rispetto ai fratelli, che divise poi tra i suoi due figli: Efraim e Menasse, ognuno dei quali divenne capostipite da una tribu' separata. La tribu' di Levi non viene di solito inclusa nel computo delle dodici tribu', in quanto e' santa, che in ebraico significa separata, messa a parte. L’ordine con cui le tribu' si accampavano durante i quarant’anni del loro pellegrinaggio nel deserto del Sinai era il seguente: le dodici tribu' si disponevano lungo i quattro lati dell’accampamento, tre per ogni lato. Al centro si disponeva la tribu' di Levi, intorno al tabernacolo, il luogo ove veniva conservata la Torah che Moshe' aveva portato con se' dal Sinai. La tredicesima tribu', quella di Levi, diventa cosi' il simbolo del centro che unifica tutto il perimetro, il luogo dov’e' contenuta la forza centripeta che tiene insieme tutti i vari elementi costituenti il perimetro. Ecco che il numero tredici e' il simbolo dell’unita'. L’uso piu' frequente della Ghematria consiste nel porre in relazione parole che possiedono un identico valore numerico. Si scopre che sovente esse condividono un significato comune, o mostrano aspetti diversi della medesima realta'. Per continuare l’esempio precedente, 13 e' anche il valore numerico (Ghematria) di a h a v a (alef - hey - beit - hey) = amore. Confrontando il concetto espresso dalla parola uno e quello espresso da amore si deduce immediatamente che la vera unita' e' frutto dell’amore, in quanto forza determinante che permette l’unificazione di ogni esistenza separata. L’esempio dato e' solo uno di una serie praticamente infinita di connessioni e di corrispondenze che si aprono di fronte agli occhi contemplativi dello studioso, quando analizza le parole e le espressioni della lingua ebraica con lo strumento della Ghematria. Il valore numerico della lettera non e' che uno dei suoi aspetti, ma non il meno importante. Esso definisce una qualita' vibratoria ben precisa, una proprieta' matematica e fisica fondamentale. Sommando i valori numerici delle lettere di ogni parola ebraica si ottiene il condensato delle forze archetipe operanti in essa, il colore o latonalita' risultante da tutto cio'. La Ghematria e' dunque una somma vettoriale delle forze presenti nella parola. 2La parola Ghematria (ghimel-yud-mem-tet-resh-yud-alef) deriva da un termine greco, che significa calcolo. La parola non e' presente ovviamente nel testo biblico per se'(di molto anteriore alla civilta' greca) ma compare solo nella letteratura rabbinica successiva, durante il periodo Talmudico e Midrashico (circa duemila anni fa). Nell’antico libro Sefer mayan ha chokhma', attribuito nientemeno che allo stesso Mose' (citato da Rabbi Qordovero nel suo Pardes Ha Rimmonim) si afferma che ogni parola della lingua ebraica possiede cinque livelli interpretativi. Dall’alto al basso essi sono: Tiqun = proprio. È il significato letterale, chiamato Peshat o semplice. Tzeruf = permutazione. consiste nell’analisi delle possibili permutazioni delle lettere. Della parola in questione per cercare la loro unita' relativa, e come i vari significati ricavati si completino vicendevolmente. Ma’amar = detto. È l’espansione della parola, fatta con tecniche di Notaricon, cioe' considerando ogni sua singola lettera come se fosse l’iniziale di un'altra parola. Mikhlol = insieme. È la comprensione di tutte le forme linguistiche con cui la parola compare nella Bibbia; e' lo studio del contesto nel quale e' scritta, e degli altri termini e parole coi quali essa e' frequentemente usata. Cheshbon = calcolo. È il calcolo del valore numerico della parola, la sua Ghematria. È lo studio delle proprieta' matematiche di tale numero; e' il confronto della parola con altri termini di identico valore. Pur costituendo il livello interpretativo piu' basso, la Ghematria e' in grado rivelare certe uniche proprieta' matematiche della Torah, misteriosamente intelligenti e perfette. Mostrera' in essa una serie di ricorrenze e di coincidenze talmente numerose ed esatte da escludere che la Torah possa essere stata concepita da esseri umani. 3Per dare un esempio della duttilita' della tecnica di studio chiamata Ghematriala applicheremo a se stessa, cioe' alla parola Ghematria. Ci sono due modi diversi di scriverla: 1. Ghimel-mem-tet-resh-yud-alef = 263 Ghematria 2. Ghimel-yud-mem-tet-resh-yud-alef= 273 Ghematria 263 e' il valore della radice Samekh-resh-ghimel, che significa allacciare, e un composto di questa radice indica la professione del tessitore (Soreg). Lo strumento della Ghematria permette dunque di allacciare concetti e parole apparentemente lontani, e di tessere un insieme di corrispondenze raffinato ed esteticamente piacevole. Una permutazione della radice citata e' ghimel-resh-samekh, che significarompere, spezzettare. La stessa radice significa anche raccogliere, accumulare. In senso metaforico questa radice e' inoltre usata per indicare il processo d’acquisizione della conoscenza, parte del quale e' l’azione di macinare e tritare finemente i concetti, onde poterli assimilare, e parte del quale e' il raccogliere tanti piu' pezzi possibili del mosaico che si vuole ricostruire. 273 invece e' il valore del nome Or Ganuz (alef-vav-resh ghimel-nun-vav-zain) = luce nascosta, che designa la luce primordiale, perfetta, che riempiva la creazione, e che ha-shem dovette nascondere il quarto giorno, sostituendola con quella dei corpi celesti, d’origine fisica. La Ghematria e' dunque uno strumento indispensabile nel processo di rivelazione della luce primigenia, per farla risplendere nuovamente nella storia. 273 e' anche il valore del brano di un famoso verso della Bibbia (Salmo 118:22): Even maasu ha bonim = la pietra rigettata dai costruttori (e' diventata testata d’angolo). Cio' allude al fatto che la tecnica della Ghematria, non e' tenuta in grande considerazioni da parte dei Rabbini di oggi, specie quelli che hanno una grande influenza e potere, come i capi delle Yeshivot, o dei collegi Rabbinici (i costruttori dell’ebraismo ufficiale). In genere tra di essi, salvo lodevoli eccezioni, prevale un atteggiamento piu' razionalistico, che li rende poco inclini a mostrare favore verso la parte mistica dell’ebraismo. Le ghematrie rappresentano uno degli strumenti piu' arditi tra quelli usati dalla Kabalah, ed e' facile intuire il sospetto che cio' suscita nei costruttori dell’ebraismo ufficiale. La corrispondenza illustrata prima ci dice che la Ghematria e' la pietra rigettata dai costruttori, e che, come promesso dalla seconda meta' del versetto, e' destinata a diventare testata d’angolo, cioe' di importanza fondamentale. Si fa' sempre piu' forte infatti l’interesse verso la Torah da parte di persone che svolgono ruoli importanti nel mondo scientifico e tecnologico. La Ghematria, insieme ad altri procedimenti tipici della Kabalah, puo' mostrare l’incredibile esattezza matematica nascosta nella Torah, e l’importanza e rilevanza del suo messaggio anche nel mondo d’oggi. Infine, citiamo una famosa corrispondenza numerica, fatta dal Rabbi Isacco Ben Yehuda haLevi (autore del Libro dei Kusari). La frase della Torah (Deuteronomio 32, 47): Ki lo davar reik hu mikhem = poiche’ cio' non e' una cosa vana per voi Equivale esattamente alla parola Ghematriot (il plurale di Ghematria), scritta ghimel-yud-mem-tet-resh-yud-alef-vav-tav. Si noti l’interpretazione Talmudica (Yerushalmi Peah 1:1) del versetto citato: Se (la Torah) vi appare come una cosa vana (davar reik), La causa di cio' e': per voi (mi khem), cioe' a causa vostra, Poiche' non vi siete applicati abbastanza allo studio della Torah . In altre parole, se una persona non riesce a riconoscere e ad ammettere l’esistenza di profondi significati e simboli nella Torah, insieme al fatto che le ghematrie sono un aiuto indispensabile per farli emergere, la colpa di cio' e' soltanto nel fatto di non aver compiuto abbastanza sforzo per penetrarvi, o della sua limitatezza mentale, dei suoi pregiudizi e ristrettezza di opinioni. 4Analizzeremo ora varie posizioni ed opinioni Rabbiniche sullo strumento della Ghematria. La sua definizione forse piu' famosa viene data dal trattato dei Pirkhey Avot (detti dei padri, fine del cap. 3) che dice: Ghimatriot parperot le chokhmah = Le ghematrie sono l’aperitivo della sapienza. Tale affermazione ha dato luogo a diverse interpretazioni. Ci sono alcuni che con la parola parperet intendono un dessert, un dolce o un frutto che viene servito dopo il pranzo. Questi Rabbini (come il Meam Loez) dicono che prima bisogna studiare bene tutte le regole pratiche del Talmud, e dopo ci si puo' occupare delle ricerche nel campo scientifico e matematico. Infatti la parola Ghematria indica anche una serie di calcoli matematici, come quelli necessari per determinare il corso del moto di stelle e pianeti, o altro. Un’altra interpretazione dice che parperet significa aperitivo, un qualcosa che viene servito prima del pranzo, e che ha il compito di stimolare l’appetito. D’altro canto, dalle nuove scoperte nel campo della dietetica, si sa che e' molto piu' sano mangiare la frutta agli inizi del pasto piuttosto che alla fine. Le ghematrie, e tutti gli aspetti simbolici della Torah, servono dunque a stimolare il desiderio di conoscenza, o meglio, di sapienza. Si tenga presente che la tecnica della Ghematria non e' solitamente utilizzata in modo isolato ma come parte integrante di tutto un insieme di sistemi esegetici tipici della tradizione mistica. Da cio' se ne deduce che la Ghematria e' quanto mai utile e consigliabile, se si vuole risvegliare l’appetito e il desiderio di Torah, se si desidera dare piu' spazio ed importanza a tutti i suoi aspetti piu' interiori e simbolici. Cio' e' il contrario di quanto affermato da una certa tradizione, secondo la quale ci si poteva avvicinare alla mistica solo dopo aver completato lo studio della parte normativa e legale della Torah. E’ possibile dimostrare invece che e' vero proprio il contrario, o almeno, che si puo' procedere di pari passo in entrambi i campi. Vedremo in seguito come lo strumento della Ghematria sia stato usato anche nella Halakhah (la regola), per stabilire delle precise misure normative nel campo pratico e quotidiano della vita religiosa. Continuando l’associazione tra parperet e Ghematria, stabilita dallo stesso Talmud, troviamo un importante insegnamento nelle parole di Rabbi Eliezer (Succa, 27 a): Ogni giorno tu aggiungi diverse parperot (che qui significa ogni tipo di cibo prelibato che stimola l’appetito) per onorare te stesso, ed ora non vuoi mettere nemmeno una sola Parperet in onore del tuo signore? Queste parole rimangano da ammonimento a quanti considerano lo studio delle ghematrie come un qualcosa di superfluo o di voluttuoso, e percio' lo trascurano e lo sconsigliano. D’altra parte, tutti i piu' grandi maestri del passato ne hanno fatto uso. Il Rashi, la massima autorita' tra i commentatori del testo biblico, cita alcune ghematrie molto interessanti. Esiste un commentario, chiamato baal haturim, stampato in quasi tutte le Chumash (i cinque libri di Mose'), che si basa quasi interamente su complicati calcoli di ghematrie. Ci si permetta ora un’interpretazione allegorica della parola parperet. La radice di questa parola e' pirper =spezzettare, sbriciolare, come si fa nel caso di un pezzo di pane grosso e duro, se si vuole metterlo dentro una tazza di latte destinata ad una persona malata (Tosefta Shabat 12,14). Se ne puo' dedurre che tramite la Ghematria si puo' rendere piu' digeribile qualche concetto troppo astruso, o si puo' rendere assimilabile un qualche insegnamento peraltro ostico. Troviamo qui una conferma di quanto gia' osservato a proposito della radice garas (ghimel-resh-samekh = spezzettare), che ha un valore numerico pari alla parola Ghematria. La radice Pirper e' la ripetizione della porta (una radice di due sole lettere e' chiamataporta) par (peh-resh), che significa moltiplicare,produrre, una delle radici piu' importanti di tutta la lingua ebraica. La stessa radice e' presente anche nel termine indicante fertilita' (Poriut). Cio' significa che la Ghematria e' una tecnica doppiamente fertile, sia in basso che in alto, sia nel campo pratico e razionale, come in quello mistico e simbolico. Tutto quanto detto prima dovrebbe aver messo sufficientemente in luce l’estrema importanza della tecnica esegetica chiamata Ghematria, e di come essa sia capace di moltiplicare la sapienza (Parperet le chokhmah), come pure di stimolare l’appetito verso una sempre maggiore conoscenza della Torah. 5Secondo un altro grande maestro Talmudico, Rabbi Eliezer figlio di Rabbi Yosi Ha Galili, uno dei trentadue modi d’interpretare la Torah e' la Ghematria. Cio' conferma il fatto che il suo uso non e' limitato nel campo della ricerca o della speculazione mistica, ma si estende a quello dello stabilire con precisione delle specifiche regole di Halakhah (l’insieme delle norme che regolano la vita quotidiana di ogni ebreo osservante). A tal riguardo citiamo l’enciclopedia Talmudica, alla voce Ghematria: Ci sono varie regole della Torah che sono state dedotte dalle ghematrie, come:.... Il numero delle azioni lavorative (melakhot) proibite di Shabbat, che sono trentanove, (e che derivano) dal versetto Elu ha devarim(queste sono le cose...) Alef di Elu = 1, lamed di elu = 30, hey di elu = 5, cosa (davar) = 1, cose (devarim) = 2, in tutto 39........ La misura dell’hin della Torah (una misura di volume) e' di 12 log (un altra misura di volume). Poiche' e' scritto: e questo (ze) olio d’unzione sara' santo, ze (questo) ha una Ghematria di 12 (zain-hey); La misura della quantita' d’acqua di un Miqve (bagno purificatore) e' di 40 sea’, dal versetto:Chi e' colui che invia coloro che vanno piano?leat (piano) = 40 (lamed-alef-tet); la misura della chala (un quantita' prelevata da un impasto di farina come offerta) e' di 43 uova, come il valore di chala (heit-lamed-hey). A tutti gli esempi riportati sopra se ne possono aggiungere altri, come la lunghezza del coltello usato nella Shekhitah (macellazione kasher), che dev’essere di 14 Godlin (dita). Cio' viene derivato dal verso che dice: Ushkhatkhem bezeh (e li macellelerete con questo). Bezeh (con questo) vale 14 (beit-zain-hey). Anche il numero dei nodi dei tzitzit (le frange che si mettono ai quattro angoli del manto di preghiera) deriva da considerazioni fatte secondo le ghematrie. 6In conclusione, per amore di verita', bisogna elencare anche i lati negativi delle ghematrie, osservando come il loro uso indiscriminato possa essere pericoloso. Data l’estrema duttilita' di tale strumento, e il grande numero di calcoli possibili suo tramite (quello della somma dei valori numerici delle lettere di una parola non e' che il piu' semplice) diventa facile ricavare una vasta gamma di risultati. Avendo una certa idea preconcetta e' possibile percio' manipolare abilmente le ghematrie fino ad arrivare ad una conferma di tale idea, che potrebbe addirittura opporsi o violare i principi generali della Torah. Ad esempio, il valore numerico del nome di Esav (Esau', il fratello di Giacobbe) equivale a quello di Shalom (pace), 376. I discendenti di Esau' potrebbero farsi forza su cio' per sostenere che e' da lui che viene la pace, mentre e' proprio vero il contrario. Oppure, l’eguaglianza numerica tra nachash (serpente) e mashiach (messia), 358, fu presa dagli shabtanei (seguaci del falso messia Shabtai Tzvi) come l’autorizzazione a tralasciare la pratica di alcuni fondamentali precetti religiosi, nella pretesa che cio' avrebbe affrettato la venuta del messia. Come si vede l’argomento e' molto delicato, e lo strumento potente. Ma il fatto che un'automobile, viaggiando a 200 km l’ora, sia piu' pericolosa di un triciclo non impedisce che esse vengano fabbricate ed usate sempre di piu'. L’importante e' avere le istruzioni e le capacita' necessarie a condurle. Cosi' le ghematrie vanno sempre e solo usate per rafforzare l’insieme e i particolari degli insegnamenti della Torah, e non per provare l’opposto. Non si puo' basare la verita' di un’affermazione dottrinale solo su delle corrispondenze numeriche, a meno che dietro a cio' non vi sia un’antica tradizione Rabbinica. Le ghematrie vanno soprattutto utilizzate alla fine di determinati ragionamenti e spiegazioni, come conferma e rafforzamento di determinati punti. D’altra parte le ghematrie possono essere utili strumenti di indagine, poiche' stimolano le funzioni intuitive dell’anima. Una serie di corrispondenze numeriche puo' far balzare agli occhi la possibilita' di correlare punti prima molto lontani. Ma in seguito e' necessario trovare elementi dottrinali a conferma di tali intuizioni, che da sole non proverebbero ancora nulla. |